Claud Super Monster

Claud: Super Monster, e un disco per sconfiggere l’etichetta di bedroom pop

di Alessandro Mainini

Il 12 febbraio è uscito il disco d’esordio di Claud, Super Monster, primissima release dell’etichetta Saddest Factory, che altro non è che la nuova label creata da Phoebe Bridgers in collaborazione con Dead Oceans. L’album sarebbe già degno di nota anche solo per questo fatto, perché la firma di Claud per la label è stata voluta e scelta al 100% da Phoebe, che ha quindi intravisto nell’artista di Chicago un grande potenziale da esprimere.

In effetti Super Monster è un disco che scorre davvero bene; tredici canzoni pop che si ascoltano senza fatica, che restano anche facilmente in testa grazie a un’innegabile capacità di scrivere melodie e ritornelli catchy, e che raccontano storie d’amore finite male, storie d’amore finite bene, amicizie e relazioni a distanza e in generale temi di crescita e approccio all’età adulta -Claud ha solamente 21 anni.

Possiamo parlare del disco come di un album bedroom pop, definizione che in questo periodo va parecchio di moda per comprendere un po’ tutto quell’insieme di brani tra il pop e il pop rock fatti con la chitarra e un approccio indipendente, anche se a Claud ovviamente il termine non piace. “Non ho mai considerato la mia musica come ‘bedroom pop’ e non so bene come mai altre persone lo dicano. Secondo me il mio album gioca attorno a vari generi, ma in realtà non mi interessa davvero come la gente lo vuole etichettare”, ci dice in un breve scambio via mail.

Bedroom pop o meno, si tratta di un album che senz’altro potrà piacere a chiunque apprezzi brani di facile ascolto ma che abbiano una storia da raccontare; in particolar modo a noi pare di sentire una certa affinità “spirituale” con Clairo (non per niente hanno anche una band in cui suonano insieme), ma su certi brani troviamo anche echi di Tegan and Sara degli ultimi due dischi, e di John-Allison Weiss del periodo No Sleep Records, in particolar modo sul brano più rockeggiante That’s Mr Bitch to You.

“Quella canzone in particolare dice quanto possa essere una cosa misogina quando un uomo usa la parola ‘bitch’ nei confronti di una persona appartenente a un genere marginalizzato”, ci dice Claud. Per ricordarci che anche se i temi e le questioni sociali non sono al centro del disco, l’artista, che si identifica come persona non binaria, non ha comunque alcuna intenzione di restare distante dalle questioni di genere o di astrarsi da una realtà con cui molte persone devono quotidianamente fare i conti.

Tra gli altri highlight del disco troviamo Overnight, Soft Spot, Cuff Your Jeans e Ana, brani che seppur legati dal fil rouge del pop, esprimono diverse atmosfere, tanto che il momento e il posto perfetti per ascoltare il disco secondo Claud possono essere “tanto una giornata soleggiata al parco quanto in macchina la notte tardi”. Ipotizziamo che Ana rientri più nella seconda categoria e una canzone Overnight nella prima.

La forza del disco sta in effetti nella sua capacità di risultare trascinante nei suoi momenti più upbeat e di farci fermare a riflettere e prendere fiato quando Claud smorza i toni. Il tutto raccontando storie nelle quali è facile ritrovarsi. “Raccontare una storia coinvolgente è stata la spinta principale che ho ricercato [durante la composizione del disco]. Ho in generale cercato di divertirmi a esplorare e a varcare i miei limiti creativi fino a raggiungere il risultato che volevo davvero.”

Claud chiude raccontandoci il miglior consiglio che abbia mai ricevuto lavorando nella musica: “l’istante in cui un artista inizia a preoccuparsi di come sarà percepita la sua musica è l’istante in cui cessa di essere un artista. Prendiamo nota.


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