Housebroken band

Gli !housebroken sono un multiverso in espansione

di Vittoria Brandoni

Un po’ Midwest, un po’ indie e a tratti post-rock; non hanno un frontman fisso e i loro testi sanno essere spoken word in lingua inglese o disperate confessioni in italiano, in una costante metamorfosi nell’arco di sei tracce. Sono di Torino, ma a volte anche di Milano, Cremona, e più avanti chissà: la loro formazione è itinerante e alla ricerca di nuove voci e nuovi stimoli, fondendo tutto ciò che di bello esiste nel DIY con le infinite possibilità che offre un disco d’esordio. Loro sono gli !housebroken, e hanno risposto a qualche domanda per noi.

Siete un nuovissimo gruppo torinese con una formazione fuori dagli schemi: ci raccontate com’è nata l’idea di rendere !housebroken un progetto dai contorni sfumati, un “collettivo” piuttosto che una band, e in cosa consiste questa scelta?

Non ci definiremmo un collettivo, ma una band che accoglie e cerca le collaborazioni. Tutto è nato da una necessità, che abbiamo voluto trasformare in un’opportunità: la mancanza di un cantante nel gruppo. Questo infatti da una parte ha spinto Fi e Mattia a mettere piede nel territorio inesplorato delle parti vocali, e dall’altra ci ha quasi obbligati a ricercare dei potenziali collaboratori tra le nostre conoscenze. Il risultato è un disco in cui molteplici voci si alternano, dando un’identità ancora più definita ai brani che lo compongono.

Com’è nato L’altro ieri: distacco? E come lo riassumereste nella sua complessità a chi ci si approccia per la prima volta?

L’altro ieri: distacco è la rappresentazione di quattro anni di esistenza del gruppo e dei tempi ancora più remoti che si affacciano nei testi. È un’opera che sceglie consciamente di non porsi limiti e che è nata semplicemente dalla voglia di creare nuova musica in base alle nostre ispirazioni. Nel disco quindi proponiamo sia canzoni che adottano la classica struttura pop-rock, come Feather-Light e Leech, sia brani che se ne discostano totalmente, come Confine e Simulacro. Una dualità analoga sta nel bilinguismo del disco, una scelta rara e talvolta non apprezzata, ma coerente con la volontà di lasciare la totale libertà compositiva.

Il vostro album, così come il DIY dovrebbe, si basa sulla condivisione artistica: raccontateci della vostra scena locale e della vostra esperienza come giovani emergenti appassionati di un filone musicale di nicchia.

Far parte di una scena di nicchia inizialmente comporta una certa difficoltà nello scoprire le altre realtà che la compongono, ma una volta che si riesce a entrare nel vivo della scena, tutto a un tratto sembra di essere parte di una grande famiglia. Essere riusciti a fare questo passo ci ha permesso di fare nuove conoscenze ed è stato formativo per la band.

Tra le collaborazioni in L’altro ieri: distacco compaiono membri di Last//Saigo, Izaya e Radura: con chi vi piacerebbe collaborare in futuro, che sia realistico o meno?

Se parliamo di sogni irrealizzabili possiamo pensare alle nostre ispirazioni, come gli American Football, gli Hotelier, i Tiny Moving Parts… ma rimanendo coi piedi per terra, saremmo felici di collaborare con altri artisti della scena emo/post-rock italiana qualora si presentasse l’occasione. Un nome in particolare potrebbero essere i vicentini Amalia Bloom.

Quali sono i vostri piani per il futuro prossimo che volete condividere con noi? Cosa c’è in serbo adesso per gli !housebroken?

Al momento ci stiamo dedicando alla composizione di nuovi brani con Sara, la nuova chitarrista, e anche se non abbiamo dei piani precisi, ci piacerebbe esibirci in qualche concerto in futuro.


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