Six Impossible Things, credits: Gingerdope

PREMIERE: ascolta in anteprima il nuovo EP dei Six Impossible Things

di Alessandro Mainini

A due anni di distanza da I Tried to Run Away from Here, i Six Impossible Things tornano con un nuovo EP. Nel frattempo è successo di tutto, a partire da una pandemia scoppiata praticamente a casa loro nel lodigiano, che ha ovviamente scompaginato tutti i loro progetti per il 2020, fra cui un’esibizione al Pouzza Fest di Montreal e un tour in Canada. La fortuna ha però voluto che Nicole e Lorenzo riuscissero appena prima del maledetto febbraio a volare in Inghilterra per registrare le tracce del disco nuovo. Sometimes You Fall Asleep in Front of Me esce il 5 febbraio per Tanzan Music, con qualche inevitabile mese di ritardo rispetto ai piani originali ma per questo forse ancora più necessario.

SYFAIFOM (da buoni emo, ci piacciono i titoli lunghi, ma consentiteci l’abbreviazione) è, come il precedente, un EP di cinque tracce, anche se qui troviamo un brano “elettronico”, 1:09, che è sostanzialmente un’intro per il disco, e un’altra traccia, …It Seems Like You Perpetually Live in a Beautiful Dream (citazione dal successivo brano Me), che è un interlude per l’EP. Un EP più conciso dunque, che mette ancor più in risalto il salto di qualità fatto dai Six Impossible Things nei tre brani “lunghi”. Musicalmente, ithinkithinktoomuch potrebbe essere la miglior canzone che il duo abbia pubblicato finora, con il suo ritornello memorabile e la sua semplicità priva di sofisticazioni sonore che lascia il ruolo di indiscusse protagoniste alle linee vocali. Ma lo stesso si può del resto dire anche del brano conclusivo Control, con Me che funge invece da anello di congiunzione fra quest’EP e il predecessore ITTRAFH.

Anche nei temi trattati nei testi si nota un’evoluzione. Se ITTRAFH era pervaso dal tema del ricordo, anche nelle sue “love songs”, su SYFAIFOM l’attenzione si sposta sul presente, sulle emozioni e sui problemi che devono affrontare due persone che si sono definitivamente lasciate alle spalle il periodo dell’adolescenza e degli studi per trovarsi di fronte al trauma del passaggio alla vita da adulti; in particolare come mantenere bilanciata la propria “mental health”, un tema che risuona ancora di più alla luce degli ultimi dodici mesi di lockdown, restrizioni e solitudini nelle proprie case. “Depression gets the best of me almost every night”, dice il testo di 1:09, riecheggiato da molti dei passaggi nei brani successivi. Sono le primissime parole con cui si apre l’EP e delineano la direzione intrapresa dal disco.

Sometimes You Fall Asleep in Front of Me si può ascoltare in anteprima esclusiva qui sotto! Insieme allo streaming, abbiamo fatto qualche domanda ai Six Impossible Things per approfondire il disco.

Ci ritroviamo due anni dopo I Tried to Run Away from Here. L’altra volta avevamo parlato della vostra scelta di pubblicare un EP dopo aver debuttato con un full length; ora con Sometimes You Fall Asleep in Front of Me arriva anche il nuovo EP. Credete che questo sia il format più funzionale in questo momento per il vostro progetto e anche in generale nel panorama musicale?

Ciao Ale! Per quando riguarda il panorama musicale in generale, forse il format più funzionale al momento è il singolo, soprattutto in relazione a come viene distribuita la musica oggi. Ma noi siamo troppo nostalgici e ci teniamo ancora a creare un discorso, non solo a livello musicale ma anche estetico, grafico e concettuale. Da qui la scelta di proseguire con degli EP. Non siamo una band con le energie economiche necessarie per pubblicare full length in maniera costante.

Come per il vostro EP precedente, anche stavolta siete volati per registrare in Inghilterra (prima del lockdown di marzo 2020!), con Dom Wright e Daly George. Ci sono state delle differenze da notare rispetto alla scorsa sessione?

La prima grossa differenza è che Nicky ha registrato con un piano vero e proprio e ha abbandonato le tastiere. Questa decisione parte dal songwriting e la motivazione è che lo strumento è parte portante in molti dei nuovi pezzi. Gli amplificatori Fender sono stati sostituiti da ampli Supro e le chitarre sono riprese con un solo microfono e doppiate una volta sola. Tutto il contrario rispetto alla filosofia che avevamo utilizzato per ITTRAFH e per questo il disco suona molto più ‘rough’; forse più sincero, in un certo senso.

È passato praticamente un anno dalla registrazione del disco alla sua pubblicazione. Che effetto fa avere del materiale e doverlo tenere “nel cassetto” per tutto questo tempo? E in più con tutto quello che è successo nel mezzo.

È una risposta banale, ma la prima cosa che ci viene naturale dirti è che è stato veramente difficile. Siamo tornati da Southampton praticamente con il disco in mano, e di lì a qualche settimana il mondo si è fermato. La scelta immediata è stata ovviamente quella di spostare la data di uscita a quest’inverno, pensando di avere la sicurezza di poterlo portare in tour, cosa che purtroppo sembra tuttora poco realistica. Non fraintenderci comunque, siamo consapevoli che in una situazione del genere dobbiamo considerarci persone fortunate; siamo davvero felici di avere avuto la possibilità di pubblicare un disco e la sensazione è stata davvero liberatoria.

L’impressione è che a livello tematico, le canzoni di questo EP siano un po’ più introspettive e “heavy” rispetto al passato. È stata una scelta consapevole o ve ne siete resi conto man mano che scrivevate? Che cambiamenti sono avvenuti dai tempi di ittraffh in voi come persone?

È sempre una combinazione di cose. Iniziando a scrivere ci siamo resi conto di avere un buon numero di testi più cupi rispetto a quelli del lavoro precedente. Questo ci ha portati a creare un concept che ruotasse attorno a quello che era il nostro stato d’animo del momento. Entrambi abbiamo finito di studiare e abbiamo iniziato a lavorare full-time nel periodo in cui il disco è stato concepito, ed è sempre un grosso cambiamento. Questo ci ha portati ad analizzare esageratamente tutto ciò che ci capitava, forse fin troppo, vedi ithinkithinktoomuch, e a perdere un po’ di spensieratezza, cose che si riflettono perfettamente nelle lyrics di SYFAIFOM. Guardando indietro, scriverle è stato quasi terapeutico.

E a livello di sound quali elementi avete cercato di incorporare nel disco per catturare al meglio il “sound dei Six Impossible Things del 2021”?

Come il precedente EP era fortemente legato al sound delle band Midwest emo, alle quali avevamo anche tributato la copertina, con questo nuovo lavoro ci siamo catapultati nel mondo della musica shoegaze e new wave britannica. L’intro del disco è il primo brano elettronico che veda la luce in un disco dei SIT e viene dalla adorazione di Digi per Power, Corruption and Lies dei New Order. Il titolo della traccia di chiusura Control è una reference al biopic di Anton Corbijn sul leader dei Joy Division Ian Curtis, mentre la copertina in questo caso è ispirata a quelle dei primi lavori di Slowdive e My Bloody Valentine, ben riuscita come sempre grazie al lavoro incredibile di Martin Wisniewska.

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