REVIEW: “F.E.A.R.” by Stand Atlantic
DI SIMONE DE LORENZI
Giunti al terzo album gli Stand Atlantic hanno deciso che potevano fare sostanzialmente tutto quello che gli andava: F.E.A.R. si rivela un progetto eclettico, in cui resta alta la volontà di sperimentazione e apertura verso altri generi. Le 13 tracce (più una: I Wonder What Kind of Garlic Bread They Serve at MENSA, che può sembrare una canzone dei Fall Out Boy, è una breve outro parlata) permettono alla band percorrere tutte le strade che vogliono, allargando il loro bacino di utenza ma senza allontanare i fan di lunga durata.
Infatti avevano già dimostrato di essere rimasti ancorati alle radici alternative rock, seppure ripensate in veste elettronica, nei singoli Hair Out e Switchblade; aggressive si dimostrano anche Cabin Fever, perlomeno nel bridge, e Molotov [OK] – che, fedele al suo titolo, si dimostra una vera e propria bomba hardcore, perfetta per chiudere il disco.
Altre canzoni sprigionano energia ricorrendo al più tradizionale pop punk, ma riescono a farlo in maniere tutte diverse tra loro. Mantengono alta la carica l’opener Doomsday e la trascinante Don’t Talk [To Me]. Prediligono un lato più melodico Van Gogh e Nails from the Back, mentre Bloodclot porta su ritmi tranquilli per poi movimentarsi – ricordando per certi versi l’EP di debutto Sidewinder.
Al pop punk melodico che fino ad ora gli Stand Atlantic avevano frequentato si avvicina anche Pity Party, che gode dell’apporto di Royal & The Serpent; se il ritornello è azzeccato, meno convincente la performance della cantautrice statunitense, la cui voce qui risulta fuori luogo. Le altre collaborazioni riguardano due rapper: in Dumb un misconosciuto Tom The Mail Man si inserisce egregiamente sul cantato di Bonnie, che invece si snatura in Deatwish concedendosi a ritmi pseudo-trap, sui quali interviene il compagno di etichetta nothing,nowhere. L’unico brano abbastanza superfluo è Xo, che ha un inizio davvero brutto e si riprende solo verso la fine.
Il precedente Pink Elephant (2018) era stato un buon album, ma nulla di particolarmente incisivo: forse allora gli Stand Atlantic erano timorosi di uscire dalla loro comfort zone e compiono solo adesso quel salto di qualità per il quale avevano già tutte le carte in regola.
Piaccia o meno F.E.A.R. rimarrà in mente, se non altro per aver dimostrato la versatilità del quartetto australiano – e un punto a favore va per la voce di Bonnie, che cerca di adattarsi a qualunque genere –, capace di confezionare un disco in cui nessuna traccia assomiglia alle altre.
VOTO: 4/5
TRACKLIST DI F.E.A.R.:
1. Doomsday
2. Pity Party (feat. Royal & The Serpent)
3. Van Gogh
4. Dumb
5. Hair Out
6. Deathwish (feat. nothing,nowhere)
7. Switchblade
8. Nails from the Back
9. Bloodclot
10. Don’t Talk [To Me]
11. Xo
12. Cabin Fever (feat. my literal mum)
13. Molotov [OK]
14. I Wonder What Kind of Garlic Bread They Serve at MENSA
Etichetta discografica:
Hopeless Records (sito per acquistare il disco)
Oltre al nuovo disco degli Stand Atlantic F.E.A.R., potete leggere tutte le nostre recensioni a questo indirizzo!
Seguite TBA Magazine anche su Twitter e su Instagram.