Alive, a Ballet: il sognante ritorno in acustico degli Amalia Bloom – Intervista
di Vittoria Brandoni
Con il 2022 alle porte si conclude un anno di lievi bagliori di ripresa per la musica indipendente. In questa nuova iterazione del mondo DIY, una già nebulosa “scena” italiana vede i propri contorni sfumare del tutto, con nozioni di “vecchio” e “nuovo”, di “vero” e “finto” ormai obsolete. I vicentini Amalia Bloom questo lo sanno, e nonostante il loro catalogo finora incentrato su punk rock, emo e hardcore, decidono di abbandonare per un attimo fuzz e distorsori e rilasciare Alive, a Ballet, un EP live in acustico. Li abbiamo intervistati per saperne qualcosa in più.
Nonostante la giovane età, gli Amalia Bloom sono una realtà nel panorama italiano DIY ormai da qualche anno: raccontateci, se vi va, il vostro percorso e l’esperienza nel mondo emo/hardcore nostrano -una scena ristretta ma profondamente interconnessa.
Amalia Bloom è nata circa tre anni fa, ma ci conosciamo ormai da una vita. Quando abbiamo iniziato eravamo in quattro, poi a febbraio 2018 Ettore si è aggiunto e ha completato il quadro. Abbiamo passato un anno a scrivere il nostro disco Maiden Voyage ed è stato un primo importante passaggio per conoscerci meglio come musicisti, trovare un modo di suonare assieme che ci facesse stare bene. Musicalmente abbiamo tutti influenze diverse e all’inizio non è stato facile, però ci siamo ritrovati nel desiderio di comunicare qualcosa di forte e l’energia trasmessa nei pezzi è il collante di tutto ciò.
Le parole, i suoni, le immagini, vanno tutte di pari passo nel nostro modo di scrivere e quest’approccio rimane tuttora preponderante quando ci troviamo di fronte a idee cui vogliamo dare forma: per noi, la musica non sono solo le canzoni che scriviamo, ma anche le nostre parole, le immagini che associamo a quelle parole, e i suoni che meglio danno forma a quelle immagini. Non è stato facile trovare un ambiente di riferimento in questi anni, però alla fine abbiamo capito che quello che ci porta a connetterci con le persone è l’approccio al fare musica, il DIY, la voglia di stare insieme, condividendo spazi sicuri dove una persona può sentirsi bene e in cui noi in primis ci sentiamo a nostro agio.
Alive, a Ballet è una release live in acustico: cosa ha motivato la scelta di pubblicare in formato digitale e fisico la vostra performance al Bocciodromo di Vicenza? Cosa sperate ne traggano gli ascoltatori?
Alive, a Ballet significa tante cose per noi. Dal punto di vista umano, è stato un ricominciare dopo una lunga pausa, ritrovarsi su un palco dopo moltissimo tempo e farlo in un modo tutto nuovo per noi. Chi ascolta può percepire come questa uscita sia molto diversa dal resto, in realtà è la rappresentazione di una parte di noi che riteniamo fondamentale e che in un modo o nell’altro è sempre stata lì. Abbiamo avuto l’occasione di fare questo concerto in acustico e ci siamo reinventati, abbiamo decostruito le canzoni, per poi ricrearle dando un volto nuovo a quelle parole, quelle immagini e suoni di cui parlavamo prima. In generale quando scriviamo ci piace prendere le idee e giocarci un po’, capovolgerle finché non troviamo la forma giusta.
Questa volta l’abbiamo fatto con delle canzoni che avevano già un’identità forte per noi e quindi siamo partiti da lì, arrivando a trasformarle ancora una volta. Poi siamo fortunatissimi ad avere degli amici che ci supportano: Yari, che ha prodotto Maiden Voyage e At Eternity’s Gate, si è offerto di aiutarci a registrare il concerto e produrre l’EP. Già dal primo ascolto eravamo molto contenti del risultato e a quel punto abbiamo sentito la necessità di pubblicarlo e grazie al supporto di tre etichette fantastiche (Non Ti Seguo Records, Weird Side ed È Un Brutto Posto Dove Vivere) abbiamo in mano un’ottima release.
I cinque brani inediti che compongono la raccolta hanno un’intenzione e un’atmosfera diverse dal resto del vostro materiale, con un rinnovato senso di intimità e delicatezza. Da cosa vi siete lasciati ispirare, musicalmente ed emotivamente, durante la scrittura?
Per l’arrangiamento di questi brani ci siamo fatti trasportare dai suoni. Abbiamo deciso di tenere un approccio minimale, la chitarra acustica, il basso e una chitarra elettrica per dare il respiro giusto a ogni parte. In particolare l’elettrica pulita, con la slide bar ha dato senso di movimento ai pezzi, creando un ambiente sonoro nel quale la voce “danza”, cantando parole fortemente evocative e introspettive. Alive, a Ballet, come dice il titolo stesso, è una raccolta di ballate, nostalgiche ma intrise di luce, una danza con chi ci ascolta. Funge un po’ da spartiacque con le nostre future uscite.
Nell’approccio è molto più diretto, è più maturo nella scrittura e l’esecuzione è molto più coinvolta e naturale rispetto a quello che facevamo prima. Sicuramente suonare questi pezzi dal vivo dopo così tanto tempo ci ha ricordato che ciò che vogliamo veramente più di ogni altra cosa è trovarci tutti assieme a suonare, condividendo il nostro vero io con le persone che ci stanno ascoltando.
In questo paio d’anni scossi da incertezza, stallo e imprevedibilità, trovare la propria dimensione nel mondo della musica e dello spettacolo è profondamente complicato. Qual è l’opinione e la condizione attuale di una band come voi -giovane e dedita alla professione- a questo proposito?
Al momento, essere una band DIY è molto difficile, c’è molta incertezza ed è complicato fare dei programmi e dei progetti con quest’instabilità, però è anche vero che questa lunga pausa dai live ci ha permesso di ritrovare una coesione che ci mancava e che avevamo un po’ perso di vista dopo l’uscita di Maiden Voyage. Abbiamo imparato a fare gruppo ed essere più coesi tra di noi, con il tempo e la fiducia reciproca che richiedono certe cose, e questo è stato alla base del percorso di scrittura del nuovo disco che abbiamo intrapreso ormai dall’estate del 2020. Da un altro punto di vista è stato pesante non poter promuovere la nostra musica live come volevamo, come molte band alla fine, ma crediamo si debba trarre il meglio da ogni situazione anche se incredibilmente difficile e inaspettata, e pensiamo di avercela fatta.
Una volta uscito Alive, a Ballet, quali sono i piani e i desideri per il futuro prossimo degli Amalia Bloom?
Il piano è quello di pubblicare un disco che suoni bene e che sia rilevante dal punto di vista artistico e musicale, portandolo dal vivo il più possibile, in più luoghi possibili. Stiamo cercando di recuperare le date europee che abbiamo dovuto cancellare nel 2020. Poi negli ultimi anni e in particolare nell’ultimo periodo, abbiamo stretto molti legami con persone fenomenali, che credono in questo progetto e che hanno un entusiasmo incredibile nei confronti di quello che facciamo. A loro dedichiamo questa piccola tape e tutti i significati simbolici che ci stanno dietro.
Vogliamo riuscire a dimostrare alle persone quello che realmente valiamo, facendo capire a chi ci ascolta quello che vogliamo davvero dire con le nostre canzoni. A volte non lo sappiamo nemmeno noi, però fa parte del gioco. Per ora siamo contenti del percorso che abbiamo fatto e siamo pronti ad affrontare la strada che ci sta davanti.
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