I Boschi Bruciano: un’intervista che non ci pesava
In occasione della loro data milanese al Circolo Ohibò in apertura a Il Buio di giovedì 5 dicembre, abbiamo fatto due chiacchiere con la band cuneese I Boschi Bruciano.
I Boschi Bruciano
Con la recente uscita del loro disco di debutto “Ci Pesava” (Bianca Dischi/ Artist First) – dodici tracce alt rock solide ed energiche – la band cuneese ha dimostrato di essere assolutamente degna di dividere la scena indie rock italiana con colleghi quali Ministri e FASK.
Avete scritto un disco in controtendenza rispetto al panorama musicale attuale, nel senso che nelle vostre canzoni compaiono le chitarre, per di più distorte come nel punk. Probabilmente questo deriva dalla musica che vi piace e quindi dal voler scrivere canzoni in uno stile che vi rappresenta e che sentite vostro… Secondo voi avete cercato di adattare parte del vostro sound per ricercare uno stile che si armonizzi con la musica che gli ascoltatori del 2019 chiedono?
Abbiamo sempre cercato di essere spontanei nella scrittura attingendo ovviamente a quello che è il nostro background musicale che traspare dalle canzoni sfrontatamente rock di Ci Pesava. Fin da subito avevamo chiaro cosa volevamo suonare e il filone musicale in cui provare a inserirci, ma ci è voluto un po’ di tempo per definire un sound nostro. Il processo di indirizzamento stilistico è stato assolutamente conscio e ben ponderato, cercando di mantenere il giusto equilibrio tra lo stupire il possibile ascoltatore e dargli quello che vuole.
Secondo voi qual è l’elemento di cui si sente maggiormente la mancanza nella musica rock attuale?
Il volume, le occasioni e le situazioni per suonare dal vivo.
Qual è il concetto, l’idea o l’ispirazione principale che vorreste che chi ascolta il vostro album facesse sua?
Tutti i brani di questo primo disco seguono lo stesso filo conduttore, un concept per così dire, sono un’analisi introspettiva della quotidianità. Noi scriviamo, suoniamo e facciamo musica per chi si sveglia frustrato, rincorre un sogno, non trova il proprio posto nel mondo e sente un calore nel petto quando si trova sotto un palco con delle chitarre elettriche che lo pettinano. Il messaggio che vorremmo lasciare a chi ci ascolta è quello che abbiamo sempre trovato nei nostri dischi del cuore: non sei solo.
Qual è stata la canzone più difficile da scrivere del disco? O anche semplicemente quella con la storia più travagliata o curiosa?
Sicuramente Mi Spegnerò. È stato il primo brano in cui abbiamo provato a spingerci oltre le nostre abilità musicali, siamo migliorati come musicisti scrivendolo e arrangiandolo in almeno dieci versioni differenti. Anche il testo è stata una sfida, per la prima volta abbiamo provato a scrivere trattando temi sociali, ne sentivamo il bisogno e fino ad allora non ci eravamo riusciti. Una vittoria su due fronti.
Se vi chiedessimo di associare il disco a un colore, quale sarebbe e perché?
Il rosso, perché è vecchia scuola, d’impatto e alcuni non lo vedono.
Ora che il disco è fuori vi concentrerete sull’attività live. Sotto quali aspetti credete che vedervi dal vivo possa arricchire l’esperienza che un fan può avere con I Boschi Bruciano? Che cosa emerge live che magari nell’album in studio è più smorzato o nascosto?
Sicuramente la spontaneità e la necessità fisica di suonare. Ogni nota del disco, a partire dal primo accordo, è studiata in visione del live ed è in quel contesto, a nostro avviso che si chiude il cerchio. Per una band rock il concerto è e sarà sempre il fulcro di tutto.