LIVE REPORT: com’è andato l’InFest 2022
di Alessandro Mainini e Sara Cavazzini; foto di Elena Cavazzini
Dopo due anni di stop forzato, ritorna finalmente quella che era diventata una piccola tradizione d’inizio estate, l’InFest 2022 organizzato da Hellfire Booking Agency, che riunisce in una due-giorni ad alta intensità alcune delle migliori band alternative e metalcore mondiali in giro in quel momento per l’Europa.
Per il 2022 si ritorna al Magnolia, che già aveva ospitato la primissima edizione del 2017 (noi c’eravamo). Il Day 1 è la giornata dedicata alla musica heavy, con i The Ghost Inside come headliner di una lineup di tutto rispetto: While She Sleeps, Beartooth, Silverstein, Monuments, Caskets e gli italiani If I Die Today e Sharks in Your Mouth, anche se purtroppo la giornata ha registrato la defezione dei Loathe che avremmo visto molto volentieri. Il Day 2 addolciva un pochino i toni, e nonostante gli headliner A Day to Remember abbiano paccato di brutto, restavano le altre validissime band come Don Broco, Grandson, Creeper, Being as an Ocean e Wargasm.
Insomma, nonostante un avvicinamento al festival un po’ accidentato per colpa del covid e delle sue conseguenze di medio termine sull’industria musicale, siamo arrivati al Day 1 di InFest 2022 belli carichi all’idea di respirare di nuovo l’atmosfera dei festival come non accadeva dal preistorico 2019. Dobbiamo innanzitutto chiedere venia a Sharks in Your Mouth, Caskets e If I Die Today per non averli potuti vedere causa orari di lavoro che ci hanno permesso di arrivare al Magnolia soltanto quando stavano suonando i Monuments; quando si giunge attorno ai trent’anni purtroppo tocca scendere a qualche compromesso… in compenso ci siamo rifatti alla grande prima appunto con i Monuments, e poi soprattutto con i Silverstein -forse la band che più di tutte eravamo entusiasti di rivedere nella lineup della prima giornata.
I Silverstein hanno davvero tirato fuori un set fenomenale: qualcuno magari non avrà apprezzato la scelta della band canadese di suonare quasi solo pezzi degli ultimi album, ma per chi era al loro decimo concerto non è stato poi così male per una volta sentire tutti questi pezzi nuovi, che poi sono per lo più parecchio energici e incazzati. Tecnicamente ineccepibili, Shane in gran forma e pubblico preso benissimo. Set perfetto.
Tutto quello che non si può dire al contrario per quanto riguarda i Beartooth: sarà stato il caldo, sarà l’emozione di cantare a petto nudo per mostrare i pettorali gonfi, ma Caleb ha perso la voce praticamente subito e ha proseguito l’intero set quasi afono, con conseguenze abbastanza spiacevoli specialmente per le parti pulite, che nelle canzoni dei Beartooth non sono esattamente secondarie. Tant’è; ci siamo rifatti con gli While She Sleeps che invece, al netto di un problemino tecnico a inizio set, hanno pestato durissimo e incendiato il pubblico con il proprio metalcore -forse la band più heavy della giornata, ma sicuramente anche una delle più in palla e capaci di trascinare il proprio pubblico.
Il momento più atteso -in generale- alla fine non poteva che essere quello dei The Ghost Inside sul palco. La band era al proprio primo show in Italia dopo l’ormai noto incidente del 2015, e il momento che si è creato è stato davvero intenso ed emozionale. Ma pure bello potente e aggressivo, perché la band ha messo in piedi un set stracarico: un’oretta circa di musica ad alto contenuto di adrenalina senza troppi fronzoli, e le facce della gente sotto al palco la dicevano lunga sulle emozioni che questo concerto ha rappresentato per tutti quanti fossero in quel posto in quel momento preciso. Un set che ha forse lavato via due anni di sofferenza, di limitazioni e di frustrazione, quello che si definisce “catartico” e che probabilmente solo musica così intensa riesce davvero a purificare.
Arriviamo al Magnolia per il secondo giorno di InFest 2022 proprio insieme alle prime gocce di pioggia che iniziano a cadere, mentre gli Wargasm sono già sul palco. La band considerata una delle migliori rivelazioni in UK degli ultimi anni sta già gasando i più coraggiosi e giovani che non hanno paura del mal di gola del giorno dopo per essersi bagnati i capelli. Passano i minuti e le nuvole sfogano tutto quello che avevano da dare, terminando giusto in tempo per il momento dei Being as an Ocean. Sono ormai lontani i tempi in cui la band californiana tappezzava le nostre dashboard su Tumblr, ma sono ancora tutti lì la disperazione e il pathos dei loro testi, che ci travolgono e ci fanno emozionare tanto ancora.
Tra il profumo di pizza e patatine fritte che ci concediamo nella pausa, ci riavviamo verso il palco per vedere di nuovo una band che possiamo dire di aver visto molto più spesso di certi nostri parenti: i Creeper. Se è vero che negli anni sono sempre stati opener di tutte le nostre band preferite, è anche vero che non ci hanno mai creato un dispiacere nel vederli: sempre coinvolgenti, bravi, precisi, ma soprattutto Will sempre con la sua giacca di pelle addosso nonostante la temperatura, roba che se ci provassimo noi dovrebbero stenderci su una barella.
Dobbiamo ammettere che a questo punto non avevamo idea di chi fosse e cosa facesse Grandson, quindi abbiamo approcciato la sua performance come si farebbe con un oggetto misterioso del quale non si conosce la provenienza e la funzione. Non abbiamo trovato una risposta vera e propria, visto che nel corso della sua performance sono stati attraversati un numero non ben definito di generi e sottogeneri, ma il pubblico ha risposto bene, tutti sembravano gasati e alla fine possiamo dire che ha spaccato, anche se forse dell’intera giornata è stato il set che -personalmente parlando- ci ha convinto meno.
A chiudere la serata rivediamo con immenso piacere i Don Broco, che non sono più i ragazzini un po’ posh che avevamo conosciuto nel 2012, anzi, Rob li capitana con look da insegnante di aerobica anni ’80. Reduci dal successo dell’ultimo disco Amazing Things, ci propongono un set esaltante, energico, spensierato, ma anche intenso. Nella setlist hanno comprensibilmente dato spazio per lo più a pezzi degli ultimi due album, proponendo solo un paio di singoli dei primi due, con un po’ di dispiacere per i fan della prima ora, ma questo non ha in alcun modo macchiato la loro performance, che ha fatto chiudere l’InFest 2022 con un sacco di magliette sventolate in aria.
Insomma il ritorno dell’InFest in questo 2022 è stato una sorta di -perdonateci l’espressione ormai abusata- ritorno alla normalità: abbiamo reincontrato amici che non vedevamo da due anni, rivisto band che non toccavano il suolo italico da parecchio, siamo tornati a respirare l’aria di un festival… tutto quello che facevamo fino al maledetto febbraio 2020. In questo senso, è stato un evento liberatorio, di quelli che ti fanno star bene anche per i giorni a venire, e non possiamo che ringraziare tutte le band che hanno suonato, gli organizzatori del festival e la venue che l’ha ospitato.
Ci sentiremmo, in merito proprio a quest’ultima, di fare un’unica osservazione che vuole essere anche una riflessione (si spera) costruttiva: il Magnolia è una venue che si dichiara plastic free, per cui non è consentito portare all’interno bottigliette di plastica. Noi capiamo l’intento (“evitate direttamente di venire con le bottigliette di plastica, così già che ci siete non le comprate nemmeno”, immaginiamo), però sequestrarle all’ingresso e farle buttare via ci sembra un po’ un controsenso: si finisce per sprecare acqua potabile e per creare ulteriori rifiuti, dato che magari un po’ di quelle bottigliette sarebbero state riutilizzate dalle persone anche dopo il concerto. Piuttosto, visto che all’interno del locale c’è la casetta dell’acqua gratuita (che è una figata, eh! In Italia non ce l’ha quasi nessuno), tanto varrebbe lasciar entrare anche le bottigliette e permettere alla gente di riempire quelle? Questa la nostra considerazione da semplici utenti.