Naska Rebel copertina

REVIEW: “Rebel” by Naska

di Simone De Lorenzi

Ormai si è affermata anche in Italia la wave che mescola pop punk ed emo trap. Dopo quello della Sad di Theø, Plant e Fiks, nel 2022 vede la luce un altro debut album di questo filone, ovvero Rebel di Naska, giovane rapper che artisticamente dichiara di essere cresciuto con blink-182, Sum 41 e Lil Peep. Tenendo presente questi riferimenti, il venticinquenne marchigiano costruisce il disco attorno a una doppia personalità.

La prima è quella a cui allude il titolo, ovvero il wannabe ribelle. Questa natura viene fuori “nel pogo e nello sfogo” di Fare schifo (con me) e nei riff alla blink di 7 su 7, che del trio californiano fa suo anche l’atteggiamento scanzonato. La stessa carica è mantenuta in Mamma non mi parla, che risulta una delle tracce migliori, e potenziata nel punk rock più grezzo di Punkabbestia. Si giunge addirittura alla sfacciata dichiarazione “non faccio trap, ho riportato il pop punk” di Non ditelo ai miei – statement audace, visto che il primo brano di Naska ascrivibile a questo genere, Settembre, risale appena al 2020 (stesso periodo di Tickets to My Downfall di Machine Gun Kelly; coincidenze?).

Se musicalmente queste canzoni colpiscono, lo scivolone sta nei testi, che ripropongono con ingenuità i temi cliché di certa scena rap. Alcol, droga e sesso, conditi con una punta abbondante di misoginia (“metto storie su Instagram / con due strisce di bamba stese su una puttana”), fanno trasparire una trasgressione contraffatta.

Questa superficialità tematica è riscattata però dalla seconda anima dell’album, che dimostra invece una sensibilità molto apprezzabile. Emerge nella sentimentalità di Spezzami il cuore e di Horror, con quest’ultima che ricorda in positivo i primi Finley, mentre i testi introspettivi di Vaffanculo per sempre scoperchiano il lato più emo. Naska riesce bene anche in acustico, lato che sfrutta per virare su un più rassicurante pop: lo fa nell’intro di Polly, che poi si sviluppa gradualmente con tutti gli strumenti, e nella title track conclusiva Rebel che, a dispetto del titolo, è la meno eversiva dell’album.

Rebel è un disco percorso da contraddizioni e ambiguità, su cui è difficile formulare un giudizio unico. Musicalmente Naska ci ha azzeccato: il sound delle canzoni è orecchiabile e accattivante, sfrutta bene le sonorità punkeggianti e recupera vibe dai primi anni duemila – il tutto riuscendo a fare un uso contenuto dell’autotune.

La pecca sta nella mancanza di originalità. Vengono riutilizzati in maniera non troppo velata riff e melodie dei big della scena rock e punk: il ritornello di Horror richiama Best of Me dei Sum 41, mentre Non ditelo ai miei riprende Scotty Doesn’t Know dei Lustra, e Polly scomoda l’omonimo singolo dei Nirvana. Spesso il risultato è quello di banalizzare i rimandi, come il refrain “no future” in Punkabbestia, preso da God Save the Queen dei Sex Pistols, che suona decisamente fuori luogo e ridicolo.

Questo meccanismo – insieme ai riferimenti testuali ai vari Sid Vicious, Ozzy Osbourne e Kurt Cobain – appare più come l’esibizione ostentata di un lasciapassare per il mondo alternative. La sensazione è che non si tratti di semplici omaggi musicali, ma che Naska voglia stabilirsi nella comfort zone di questo genere, strizzando l’occhio a un certo tipo di pubblico con l’ansia di essere approvato.

VOTO: 3/5

Etichetta discografica: Thamsanqa


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