Copertina di Heaven x Hell dei Sum 41

REVIEW: “Heaven :x: Hell” by Sum 41

DI SIMONE DE LORENZI

Dare l’addio a una band non è facile, specialmente se quella band ha accompagnato milioni di adolescenze, definendo un intero genere musicale e cambiandone radicalmente le sorti. Dare l’addio ai Sum 41 a solo qualche mese dal grande ritorno dei blink-182, poi, sa tanto di beffa; ed essere costretti, nel momento del revival del pop punk, a salutarne uno dei gruppi più influenti di sempre sembra quasi uno scherzo architettato dal destino. Eppure va fatto.

Per celebrare questo momento, i Sum 41 hanno pensato di fare un doppio disco. Si intitola Heaven :x: Hell e vuole mostrare le due principali anime della band: il paradiso rappresenta il lato più melodico, inquadrabile nel genere che li ha resi famosi, appunto il pop punk; l’inferno strizza l’occhio, invece, ai suoni più pesanti e metallici esplorati durante gli anni. Il congedo del quintetto dell’Ontario è dunque un omaggio al proprio percorso musicale, è la ricapitolazione di quasi trent’anni di carriera.

 

Un paradiso poco angelico: Heaven

Al cancello d’accesso al paradiso non troviamo San Pietro, bensì Deryck e soci in piena forma che con i primi due brani settano l’asticella in alto. Con la sua miscela micidiale di potenza e melodicità Waiting on a Twist of Fate è tutto quanto potremmo desiderare dal pop punk in questo momento. Segue un tracciato simile Landmines, che riesce nostalgico senza scadere a vintage, moderno senza apparire plasticoso. I Can’t Wait, il primo vero inedito, mostra uno strappo in direzione skate punk che lo rende un brano veloce, divertente e tra i più riusciti dell’intero lavoro. A fronte di questo tris di bombette risulta meno convincente – ad eccezione del ritornello – Time Won’t Wait, che spinge con poca convinzione sul pedale pop del pop punk (a dispetto di quando, qualche anno fa, dichiaravano morte al pop).

 

Future Primitive riprende sonorità più pesanti, con un hardcore punk che oscilla tra melodia e metallo; sicuramente è un ulteriore cambio di passo utile a non far cadere la tracklist nella monotonia, ma alla fine risulta la traccia più insipida di Heaven. Su giri più moderni arriva Dopamine, in cui la voce pacata si fa strada attraverso una strumentale progressivamente più aggressiva, finendo per convincere nonostante una certa sensazione di ripetitività. Tocca a Not Quite Myself ritornare su un pop punk vecchia scuola, seguito a ruota dal punk rock classico – un po’ alla Green Day – di Bad Mistake. A questo fa eco Johnny Libertine, un minuto e mezzo di punk rock veloce, politico e incazzato, che sembra quasi una joke song dei blink ma all’opposto. Radio Silence è l’imprescindibile power ballad finale che alterna intensa emotività chitarristica e dolcezza da pianoforte di sottofondo.

 

Discesa e risalita dagli inferi: Hell

Il ruolo di Caronte che ci traghetta alla seconda parte del disco tocca a una breve traccia introduttiva dall’arcano titolo in italiano Preparasi a Salire: è la calma prima della tempesta inaugurata da Rise Up, che affonda finalmente i denti nella polpa heavy della band; il metal qua è ancora contaminato con le loro sonorità più punk rock, non estreme insomma (il pensiero va agli ultimi due album 13 Voices Order in Decline). Stessa sorte segue Stranger in These Times e anche le successive non sembrano volersene discostare troppo: Don’t Need Anyone e Over the Edge fanno il loro senza brillare, ma a questo punto del disco ormai ci si è già stancati (a meno di essere un fan del genere).

Manca invece del tutto di mordente House of Liars. La riscatta You Wanted War grazie a quella crudezza che era propria di Chuck. Sorvoliamo su Paint It Black, cover dei Rolling Stones, perché una cover in un album d’addio non era davvero necessaria (anche se le tracce sono tante, per cui glielo si può perdonare). It’s All Me ritorna nei ranghi definiti all’inizio di Hell ma con una marcia aggressiva in più, che viene poi moderata dai toni relativamente tranquilli di How the End Begins, che finalmente riesce a scostarsi dalla monotonia.

 

Sum 41: l’ultimo album e cosa ci hanno lasciato

Tralasciando la copertina pacchiana, che rende meno epico il commiato dei Sum 41, Heaven :x: Hell è una prova che dà bene conto del loro viaggio fino a qui. Nel lato paradisiaco del disco la band canadese resta fedele a sé stessa senza scadere nel già sentito, mentre il lato infernale propone canzoni non cattive, ma che potrebbero tranquillamente finire nel dimenticatoio. Ma sopra a tutto piace il fatto che non si senta nulla di forzato o commerciale. E che abbiano deciso di ritirarsi prima di diventare macchiette di loro stessi.

I Sum 41 si scioglieranno a inizio 2025. Noi li potremo vedere all’Ippodromo SNAI di San Siro (Milano), il 9 luglio, in occasione degli I-Days insieme ad Avril Lavigne e Simple Plan (info eventosold out); tra l’altro il gruppo, che ha fatto tappa spesso e volentieri nel Belpaese, si segnala per l’estrema cura e qualità dei suoi live. E questa è solo una delle tante cose che l’iconicità dei sam-quarantuno ci lascia in eredità. Grazie a loro in questi anni abbiamo cantato e urlato fino a sgolarci, pogato con passione, ballato di gioia, pianto più volte. E continueremo a farlo.

L’ultima nota di Heaven:x:Hell segna la fine di un’era. Terminato il doppio disco ci scopriamo di colpo cresciuti: non siamo più adolescenti, questa volta per davvero (avevano provato ad illuderci, i tre di Poway, ma anche quella magia ormai è svanita). Salutando i Sum 41 diciamo addio a un pezzo di noi. Ultime gracchiate, ronzio in lontananza, rumore bianco: via la puntina dal giradischi immaginario. Silenzio. La catarsi dell’outro.

 

TRACKLIST DI SUM 41 – HEAVEN :X: HELL

Heaven

1. Waiting on a Twist of Fate
2. Landmines
3. I Can’t Wait
4. Time Won’t Wait
5. Future Primitive
6. Dopamine
7. Not Quite Myself
8. Bad Mistake
9. Johnny Libertine
10. Radio Silence

Hell

1. Preparasi a Salire
2. Rise Up
3. Stranger in These Times
4. I Don’t Need Anyone
5. Over the Edge
6. House of Liars
7. You Wanted War
8. Paint It Black (cover dei Rolling Stones)
9. It’s All Me
10. How the End Begins

Etichetta Discografica:

Rise Records (acquista il disco)

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