
New Music Friday: Guitar Fight from Fooly Cooly
Guitar Fight from Fooly Cooly: l’irresistibile leva emo del 2020
di Vittoria Brandoni
Perché le chitarre elettriche sono scomparse dalla musica di oggi? E che fine ha fatto la figura del vero rocker?
Queste sono un paio delle domande che affliggono molti membri nostalgici della vecchia guardia, confusi dal ruolo apparentemente secondario ormai assunto dal rock ed i suoi derivati nella cultura musicale odierna.
Ma mettendo solo per un attimo il naso al di fuori del reame delle vendite e delle classifiche, e infiltrando le appassionate nicchie che popolano angoli di Internet leggermente più remoti, la risposta è a un paio di click di distanza.
Checché se ne dica, da qualche anno a questa parte tutti gli occhi del panorama alternativo online sembrano essere puntati sulla nuova onda che ha rivitalizzato l’emo.
Nel 2019 la fama virale di dischi come Cosmic Thrill Seekers dei Prince Daddy & the Hyena, Somewhere City degli Origami Angel e l’acclamatissimo debutto dei glass beach sono stati una vera e propria manovra di Heimlich su di un genere che sembrava esalare gli ultimi, esausti aneliti. Ciò che era a lungo stato additato come inaccessibile, lagnoso e ridondante ha saputo dimostrare il suo irresistibile charm con una schiera di nuove band.
Tra i nomi emo da tenere sotto attento monitoraggio quest’anno ci sono i Dogleg e gli Oolong, ed ancora più di recente i Guitar Fight From Fooly Cooly. Il loro album Soak è uscito a metà Agosto per Open Door Records, ma è già facile immaginarlo a presenziare nelle liste personali degli appassionati di alternative quando a Dicembre si tireranno le somme sulle migliori uscite.
I Guitar Fight sono solo in tre, ma il suono che ci offrono (ad offerta libera su Bandcamp) in Soak è enorme, invadente, abrasivo, ed il loro utilizzo dei sample quasi non ha precedenti nell’emo. In più, Soak regala anche delle valide risposte ai quesiti che introducono questo articolo: i rocker non sono scomparsi.
Esistono ancora e sono giovanissimi, creano e distruggono, fanno rumore dentro seminterrati e stanze murate di fan adoranti, e ancor meglio della tradizionale rockstar del mainstream, stavolta sono parte di realtà autosufficienti e tengono alto lo spirito controculturale ed irriverente del DIY.
Mentre per quanto riguarda la presunta mancanza di chitarre elettriche nella musica del nuovo decennio, lasciate che siano i loro ruggiti nel primo minuto della traccia di apertura “64” a rispondere all’accusa. Sarà difficile controbattere.