PREMIERE: sgolate emo e tinte lo fi nel video di Infra dei Garda 1990
Garda 1990 è un progetto che circola negli ambienti underground italiani da un paio d’anni. L’avevamo conosciuto ai tempi del primo disco Downtown, quando ancora era un progetto solista basato essenzialmente su voce e chitarra con parecchi riverberi. Passano gli anni, però quel ragazzo ne ha fatta di strada, ha trovato degli amici che ora suonano con lui e ha sviluppato un sound molto più definito e caratteristico.
A settembre uscirà il nuovo EP della band, Venti, anticipato dai singoli Essere, Difetti e Infra. Le canzoni si muovono tra spiccate tinte emocore e influenze ’90s/Midwest, con attenzione al lavoro delle chitarre e testi in italiano che non rubano la scena alla musica.
Infra, l’ultimo dei singoli pubblicati finora, è quello più arrabbiato e a tratti disperato. Per il brano è stato realizzato un video molto lo fi (e non poteva essere altrimenti) a opera della regista bolognese d’adozione Beatrice Migliorati, che ha dato in mano una videocamera a un’amica, chiedendole di filmarsi in una sorta di videodiario del quotidiano.
“Quello di cui mi accorgo, mentre i nastri s’arrotolano e srotolano accanto a me, è la profondità che avvicina i nostri gesti quotidiani. M. la conosco da un po’, non da troppo tempo; è stato uno di quegli incroci che immagini portino con sé una serie di rimandi e punti netti di allineamento. Il girato era molto. Lei spesso ballava, rideva e cucinava, si prendeva cura di piante e umani; spesso M. era di fronte alla telecamera, completamente consapevole di sé e di quel nuovo oggetto intrusivo. Quasi a essere in soggezione ero io“, racconta Beatrice.
Abbiamo fatto qualche domanda a Davide, frontman dei Garda 1990, per parlare del brano e dell’EP. Guarda qui sotto in esclusiva il video di Infra e leggi la nostra intervista!
Ciao, Davide! Avevamo conosciuto il progetto Garda 1990 con il primo disco che era composto quasi unicamente da una chitarra sommessa e riverberata + vocals; ora vi ritroviamo con distorsioni, sgolate e rabbia. Cosa è cambiato dentro di voi per farvi venire questa voglia di urlare al mondo i vostri pezzi?
Sicuramente in primis la voglia di comunicare con esigenza marcata e meno sommessa di prima, e di essere in un certo senso più liberi di spaziare a livello strumentale: avevamo tanti concetti da sfogare con più potenza. E direi anche che l’entrata nel progetto di Lolli alla batteria e Atti al basso ha influito significativamente.
Siete passati dall’inglese all’italiano nella composizione dei testi. Che differenze ha comportato il cambio di lingua nell’approccio al songwriting? Credete che scrivere in italiano sia un modo migliore per colpire con maggiore immediatezza il pubblico di casa?
In realtà appena uscì Downtown avevo intenzione di provare a scrivere in italiano. Doveva essere un passaggio fisiologico; mi sentivo pronto e volevo comunicare con profondità le cose che stavano capitando intorno a me. Comunque credo che più che il fatto di avvicinarmi al pubblico, sia stato avvicinarmi di più alle mie emozioni.
“Che cosa ti devo dire? / Che non ho fatto un cazzo / Che ho guardato il soffitto tutto il tempo” Il testo si adatterebbe a quello di una canzone scritta in periodo di quarantena, anche se in realtà non lo è. Quali sono le tematiche principali che avete trattato nel disco e qual è il messaggio principale che vorreste esprimere?
In effetti molte persone, compreso me, dicono che queste nuove canzoni dei Garda 1990 sono molto aderenti a questo momento storico difficile. I testi li ho scritti praticamente tutti l’estate scorsa, le tematiche riguardano principalmente come si vivono i rapporti umani, come non dobbiamo smettere mai di essere sinceri con noi stessi e con chi ci sta attorno, infine l’importanza di conoscere la propria interiorità per affrontare al meglio i momenti bui.
Quanto è rappresentativa Infra del vostro nuovo EP, Venti?
Infra è molto importante nella dinamica dell’EP perché è la canzone di rottura, è quella che si discosta di più dalle nostre sonorità primarie, ma noi siamo anche così. Questo brano doveva anche rappresentare una sorta di pugno allo stomaco emotivo finale.
Parlando del video, mi sembra di capire che abbiate lasciato ampia libertà creativa alla regista Beatrice Migliorati. Secondo te in che relazione sta il video con il brano? Che tipo di significato aggiunge all’esperienza della canzone?
A parer mio le cose di cui parlo in Infra le hanno provate un po’ tutti almeno una volta nella vita, per cui era giusto far metabolizzare il concept creativo a Beatrice da zero, che doveva in quel momento tradurre le sue emozioni in immagini. Infra poi secondo me è anche dentro tutti noi, ogni tanto viene fuori con prepotenza, e il fatto di riprendere Michela, la protagonista del video, nei più disparati momenti di solitudine è stata la cosa più giusta, una sorta di passaggio di consegne ulteriore.
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