Once Upon a Soundtrack: Alemoa
SIAMO TORNATI CON LA RUBRICA ONCE UPON A SOUNDTRACK, IN CUI GLI ARTISTI CI RACCONTANO QUALI SONO STATE LE LORO PRINCIPALI INFLUENZE MUSICALI ATTRAVERSO UNA PLAYLIST. QUESTA VOLTA È IL TURNO DEGLI ALEMOA!
Potete trovare la playlist degli Alemoa qui sotto, e tutte le altre playlist sul nostro Spotify.
LORENZO
The Beatles – Day Tripper: il primo brano che ho imparato e la porta verso la musica che ancora oggi si sente in quello che scrivo. Ai tempi io e le chitarre pulite non eravamo amici, ma i Beatles ci hanno presentato ed è nato un bel rapporto. Oltre l’aspetto musicale poi, è il sottofondo di ricordi a cui sono molto legato, di un pezzetto di vita in cui un po’ ti illudi di essere cresciuto abbastanza, e Day Tripper è sicuramente nei titoli di testa di quel periodo spensierato.
Pearl Jam – Alive: questa io e Manu la raccontiamo sempre. Avremo avuto circa tredici anni, quell’età in cui ordini la pizza e riesci ad avere anche un paio di birre perché sei più alto degli altri ragazzini; siamo a casa e mettiamo sù un disco appena scoperto, Ten. Quella sera credo sia nato l’amore per il grunge e per questo gruppo che dopo tanti anni torna sempre e mi fa intrecciare con persone inaspettate, quasi voglia farci incontrare.
Tiny Moving Parts – Good Enough: i TMP li ho sentiti per la prima volta in bici, al mare, alle dieci di sera; era estate e le cuffie scivolavano per il sudore. Non è passato molto; era un periodo nero, di quelli in cui vorresti prendertela con qualcuno ma razionalmente non puoi. Senza saperlo era il pezzo di cui avevo bisogno in quel momento, violento ma pieno di speranza. L’anno successivo li ho visti a Londra, emotivamente e musicalmente mi hanno dato e continuano a darmi tanto.
Amanda Palmer – In My Mind: qui è dove la pancia mi si stringe per un misto di nostalgia, voglia di spensieratezza e un po’ di malinconia. Ascolto questo pezzo sempre in compagnia del me un po’ più piccolo e un po’ più illuso, che ogni tanto salta fuori e mi ricorda che c’è ancora. Il testo è un ponte tra i buoni propositi e la realizzazione che non tutti i buoni propositi servono; per certi versi va bene accettare che continueremo a essere un po’ immaturi e un po’ illusi, ma con quel pizzico di consapevolezza che ci permette di convivere con la parte più scomoda di noi.
MANUEL
The Beatles – With a Little Help from My Friends: cosa non è ancora stato detto sui Beatles? Cioè, questo disco (ma quasi come tutti) è stato un viaggio indimenticabile come lo è tuttora ogni volta che ci rifinisco. L’amore che provo nei loro confronti è difficile da spiegare in poche parole: per me questo pezzo che riproducevo in loop mi ricorda perché voglio vivere facendo musica. Sinceramente potrebbe riassumersi così. Dentro c’è tutto.
Linkin Park – Somewhere I Belong: okay, ho 11 anni e con la mia prima paghetta vado a comprarmi il mio primo CD nel negozio di dischi del mio quartiere. Torno a casa, metto play. Poche settimane dopo chiedo ai miei di comprarmi una batteria. Nessun ripensamento. Penso che Meteora sia il disco che abbia ascoltato di più nella mia vita, considerando che per un anno ho sentito solo questo ogni giorno. Riascoltando questo brano provo sempre una grande nostalgia e il ricordo di una rabbia adolescenziale che si sarebbe poi andata a sfogare ancora di più con gruppi come i Nirvana.
Blink-182 – I Miss You: questo brano rappresenta il liceo, come ho passato quegli anni e come mi sentivo. Da batterista Travis Barker è stato il mio primo approccio a un lato più “tecnico”, e il modo in cui arrangiava le batterie anche nelle ballad come in I Miss You era sempre qualcosa di fresco e interessante. Nonostante poi abbia scoperto cose che mi hanno formato e ispirato di più, Travis era lì, rimane lì e sarà lì, come è giusto che sia. Detto ciò, ho ancora una crush per Tom DeLonge…
Tears for Fears – Sowing the Seeds of Love: questo brano potrebbe uscire oggi e non stonerebbe. Da bambino ascoltavo questo pezzo, totalmente rapito dalle loro armonizzazioni vocali, da quelle trombe, da quegli arrangiamenti particolarissimi che mi comunicavano qualcosa che non riuscivo ancora a decifrare ma non potevo smettere di sentire. Il loro modo di fare pop secondo me resta immortale e non a caso in Sowing the Seeds of Love si sente tutto il loro amore verso i Beatles. Quel fill di batteria che dà inizio alla canzone ce l’ho scritto nel sangue. Riascoltandolo con l’orecchio di oggi continuo a stupirmi con dettagli e finezze che non avevo notato prima.
GABRIEL
José González – Crosses: González è uno dei primi artisti che mio padre mi fece ascoltare e forse l’unico che ancora oggi ascolto assiduamente. Avevo 10 anni, l’estate era quasi finita e ricordo bene il patio di quella casa in mezzo al bosco, avvolto dalle note di Crosses e da un velo di quella che un giorno sarebbe diventata pura nostalgia.
Niccolò Fabi – Costruire: durante l’adolescenza la musica è diventata ragione di vita, il cantautorato ha giocato un ruolo importante nella mia formazione e suonare ed esprimermi attraverso il canto mi ha sempre fatto sentire vivo come nient’altro. Forse è proprio l’adolescenza il momento in cui decidi di voler “costruire” qualcosa di concreto. Questo brano è stato un colpo al cuore, una mano sulla spalla di un adolescente che cercava la vita perfetta… ma come il buon Fabi insegna, “costruire è sapere e potere rinunciare alla perfezione”.
Bon Iver – Holocene: una volta scoperti i Bon Iver, il mio modo di scrivere è cambiato. Più mi addentravo nel loro mondo, più cose scoprivo, un po’ come questo brano. Chitarre aperte, suoni ampi, una magia indescrivibile. Più si ascolta e più elementi vengono alla luce con una naturalezza e, mi permetto di aggiungere, una bellezza che consiglio a chiunque di sviscerare.
Low Roar – I’ll Keep Coming: uno degli artisti più recenti che nella mia vita hanno lasciato un segno, una lirica che mi ha colpito fin dalla prima nota. Questo è il primo brano che ho sentito ed è stato incredibile ascoltare quella solitudine rivestita di sintetizzatori e strumenti processati, la quale ha fatto scaturire in me il desiderio di sperimentare, raggiungere i miei limiti e superarli. Senza troppe pretese, con arrangiamenti semplici ma efficaci, Low Roar prima della sua scomparsa ci ha regalato qualcosa di veramente raro.
Gli Alemoa si sono affacciati da pochissimo sulla scena rock alternativa italiana, ma siamo convinti che il loro nome farà davvero presto a entrarci di prepotenza da protagonista. Loro vengono da Roma e hanno appena pubblicato un disco d’esordio, Fammi male, che suona molto più maturo della loro giovane età come band, ma allo stesso tempo genuino e passionale come (quasi) solo i dischi d’esordio sanno fare. Il loro sound sembra la sintesi perfetta tra le chitarre stupende e l’impeto emo dei Tiny Moving Parts e il gusto per la melodia decisamente più italiano tipico dei Cara Calma. Per inciso, abbiamo anche già avuto l’occasione di vederli live qualche mese fa e dal vivo mettono in piedi un gran bello show, carico ma anche incredibilmente valido a livello tecnico. Per noi, solo questione di tempo.
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