Palm Down, foto 2020

Palm Down: “Ho imparato a passare tanto tempo da solo” – Intervista

di Maria Chiara Cerra

Riuscendo a incantare con l’essenzialità di voce e chitarra, Francesco Zappia in arte Palm Down torna con il nuovo EP Unfamiliar Songs a un anno di distanza dal suo album Unfamiliar Air in Familiar Places. Cantautore romano e con un progetto parallelo con la band Rejoyce/Rejoice, Palm Down ci ha parlato della nascita di questo nuovo EP e dell’importanza che attribuisce al senso del tatto nelle sue canzoni, come nella vita.

Ciao Francesco! Come stai? Il 30 ottobre è uscito il tuo EP Unfamiliar Songs, titolo che rimanda al tuo disco Unfamiliar Air in Familiar Places. Quanto sono connessi i due lavori, oltre all’aspetto dei b-sides?

Ciao ragazzi! Nonostante il periodo assurdo che stiamo vivendo, direi tutto bene, grazie! Il filo conduttore tra il debut album e Unfamiliar Songs è che gli arrangiamenti sono stati scritti tutti più o meno nello stesso periodo. Il mio metodo di composizione è a step: una volta che mi piacciono le melodie di una canzone, allora lavoro al testo e completo l’arrangiamento. Le canzoni dell’EP avevano qualcosa che non mi convinceva appieno nonostante stilisticamente facessero parte dello stesso gruppo di canzoni.

Così ho deciso di metterle da parte perché non riuscivo a trovare il loro posto nella tracklist di Unfamiliar Air in Familiar Places. Avendo molto tempo a disposizione durante il lockdown, ho rispolverato i file di queste bozze e sono riuscito a completarle e registrarle, sia per dare un senso all’isolamento, sia per dare un senso a questo 2020.

Parlando un po’ delle canzoni dell’EP, non ho potuto fare a meno di notare che hai inserito la versione rivisitata di The Shore che è quasi irriconoscibile rispetto all’originale. Come hai scelto proprio questo brano e con che spirito ne hai elaborato una versione differente?

L’idea è stata scegliere una canzone del disco precedente e stravolgerla completamente, presentarla in un mood diverso dal mio stile, proponendola anche in una versione per me impossibile da suonare dal vivo. Può sembrare strano, ma avevo voglia di divertirmi in questo modo e volevo presentare una versione da “studio” e non da live.

Ho pensato che The Shore fosse la più adeguata per quest’esperimento ed è una canzone che in fase promozionale del disco non ha ricevuto la giusta importanza che si merita. In Unfamiliar Songs è la canzone che sicuramente esce fuori dal coro ma penso sia anche una perfetta chiusura dell’EP. È stata registrata per la maggior parte con il basso, e l’aggiunta di archi e suoni ambient ha creato l’atmosfera che volevo.
Sono molto contento del risultato!

A quale tra le canzoni dell’EP sei più affezionato e perché?

Sono molto affezionato a This Year Is Mine Alone perché è stata la canzone che mi ha messo più in crisi in fase di scrittura del testo. Con questa canzone volevo raccontare di come forzatamente abbia deciso di prendermi un anno di stop da relazioni sentimentali per approfondire il rapporto con me stesso. È stato un anno (non il 2020, giusto per chiarire) dove ho imparato a passare tanto tempo da solo, godendo della mia stessa compagnia e scoprendo lati del carattere che ad oggi sono alla base del mio essere.

In This Year Is Mine Alone rido degli errori del passato, guarisco dalle ferite che in un primo momento sembravano non guaribili, brindo al futuro e prendo coscienza che il volersi bene e il mettersi al primo posto nelle priorità è la cosa più importante da fare per vivere al meglio con sé stessi e con chi ti circonda.

Se volessi presentare la tua musica a chi non ti ha mai ascoltato, quale canzone sceglieresti?

Domanda difficilissima! Per gli amanti delle canzoni corte e malinconiche consiglio Pros in Cons. In generale quando mi chiedono di far sentire qualcosa, metto sempre in play Nosedive, la più vecchia della famiglia.

Sei riuscito per un pelo a fare un mini-tour per l’Italia a fine estate. Come è stato tornare sul palco dopo mesi, e quali differenze hai notato a livello di performance e di rapporto col pubblico?

Suonare su un palco è sempre bellissimo, ma farlo dopo un lockdown è ancora meglio! Come tanti altri, anch’io ho avuto modo nei mesi chiuso in casa di partecipare a dirette organizzate da locali, da agenzie di booking e iniziative per raccolta fondi, quindi mi sono tenuto abbastanza allenato. Con NoReason Booking, agenzia con la quale abbiamo iniziato la collaborazione proprio in primavera, abbiamo sfruttato il periodo estivo per organizzare date e promuovere i singoli che man mano venivano pubblicati e siamo riusciti in un intento quasi impossibile!

Il fatto che io suoni in acustico ha aiutato molto nella gestione e realizzazione degli eventi. Ho notato un certo entusiasmo dalle persone che sono venute ai concerti, perché esordivano sempre con un “ahhh, finalmente un concerto!” La voglia di vedere musica dal vivo per le persone era tanta e questo tipo di energia mi ha sicuramente stimolato molto!

Le mani e il tatto sono elementi a cui dai molta importanza, cosa che si rispecchia anche un po’ nella scelta del nome Palm Down. È un elemento che a mio parere si rispecchia anche nello stile delle canzoni col tuo uso essenziale di voce e chitarra che arrivano subito al punto, come una stretta di mano. Che tipo di sensazioni vuoi trasmettere con la tua musica?

La bellezza di suonare da solo con la chitarra è che tutto quello che voglio far trasparire traspare. Ci sono canzoni che ho scritto in periodi in cui ero molto fragile e che tutt’oggi quando le canto le propongo in punta di piedi, ancora intimorito da alcuni versi che io stesso ho scritto. Ci sono altre canzoni che ho composto da incazzato e che devono essere presentate in quel modo.

L’obiettivo con Palm Down è mettermi a nudo, far vedere quello che sono, nei meriti e nei demeriti, senza alibi o compromessi. In una stretta di mano si percepisce una buona parte della persona che hai davanti e la musica che scrivo e con cui mi presento come essere umano su questo pianeta con Palm Down è la mia “stretta di mano”. Il tutto è ovviamente da approfondire.

Oltre alla chitarra, se dovessi scegliere un altro strumento quale ti piacerebbe suonare “in pubblico”?

Quando andavo alle elementari ho provato a convincere mia madre nel portarmi a scuola di musica per imparare a suonare la batteria, ma lei, immaginandosi già il caos che avrei creato, ha dirottato con tutte le sue forze i miei studi sulla chitarra. E ci è riuscita. Quindi se dovessi scegliere un altro strumento vi dico proprio la batteria! Ho già suonato anni fa a un concerto come batterista ed è stato un mezzo disastro, quindi voglio recuperare.

Scrivi canzoni come Palm Down ma allo stesso tempo fai parte dei Rejoyce/Rejoice; a primo impatto i due stili sono parecchio diversi. Come riesci a destreggiarti fra i due progetti e pensi ci siano punti in comune?

Portare avanti parallelamente due progetti musicali oltre al lavoro e la vita privata non è semplice. Il trucco è sapersi organizzare e dare delle priorità. A periodi devo dare più spazio a quello che faccio con Palm Down e in altri periodi mi dedico più ai Rejoyce/Rejoice. Entrambi mi impegnano a fasi alterne con il comporre, registrare e suonare. La differenza sostanziale è che in Palm Down sono unico compositore, voce e chitarra, mentre nei R/R suono il basso e canto le backing vocals.

Sono due progetti completamente diversi senza veri punti in comune se non il fatto che facciamo parte tutti della stessa scena musicale.
Con i R/R suoniamo indie/alt-rock/emo revival che è un genere che lascia molto spazio alla fantasia perché dentro ti ci puoi sbizzarrire. Anche il fatto che siamo un trio mi stimola molto perché per me è la prima volta che suono in una formazione a tre. Il prossimo anno pubblicheremo il nostro primo disco, seguiteci! Yo.

Per concludere ti ringrazio della disponibilità e pensando a un futuro ottimistico qual è il primo artista/band che non vedi l’ora di sentire dal vivo terminata questa pandemia?

Grazie a voi per avermi dedicato il vostro tempo! Nel 2018 ho assistito a una delle date del tour al quale mi sono più divertito in assoluto: Frank Turner main act e Pup opening band. Tornare alla normalità e partecipare un’altra volta a un live con una combo del genere sarebbe un sogno. Incrocio le dita! Grazie ancora!


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